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RUBARE È SEMPRE RUBARE

Quasi non enuncerò nomi né cercherò di dare colpe. Solo rifletterò su un assunto che sta diventando assolutorio, come la disputa sulla vecchia e nuova mafia: la prima d’onore, la seconda assassina. Si dice: la corruzione di ieri non aveva i connotati di oggi, perché nel passato si rubava per il partito, oggi per se stessi. Come si fa a confermarlo? Era tutto in nero ed anche la corruzione di ieri portava alle stelle i costi delle opere pubbliche, giù la loro qualità che nessuno aveva interesse a controllare. Basta guardare qualche grande arteria provinciale, continuamente rifatta e sempre dissestata, su cui qualche magistrato farebbe bene a metterci naso. Eppoi la corruzione colpiva gravemente la democrazia, con congressi truccati da soldi di malsicura provenienza, e creava il clima adatto perché tutti si sentissero autorizzati a truccare le carte. Oggi, tra l’altro, l’affermazione circa le ruberie a “fin di bene” viene smentita dalla notizia che finalmente, dopo sedici anni, quel che resta del tesoretto di Bettino Craxi è stato confiscato dallo Stato e sono due milioni di euro.
Certo la situazione è mutata. Ministri, uomini politici e grandi papaveri dell’amministrazione pubblica hanno fruito di un grande ombrello in questi ultimi anni. Si affermava, ad ogni intervento della magistratura, che erano “indagini ad orologeria”; che si poteva ricoprire cariche istituzionali “fino al terzo grado di giudizio”, cioè a vita; che le indagini giudiziarie erano “teoremi delle toghe rosse”; e, quando c’era un condannato in terzo grado,  come Previti,  che si era trattato di “una persecuzione giudiziaria”. E cosa volevamo aspettarci di più, visto che, come dice la canzone, “i papaveri sono alti alti alti e tu sei piccolino”. Quando si perde la cittadinanza e la forza della solidarietà sociale, il singolo uomo è davvero piccolo di fronte a questioni ben più alte di lui. Ma bando alle chiacchiere. Ci vogliamo mettere in testa, noi italiani, che rubare è sempre rubare?

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