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LASCIAMOLI LAVORARE

Prima d'iniziare il discorso, occorre porre una piccola questione semantica. Hanno iniziato i delinquenti a chiamare “sbirri” i poliziotti, in senso dispregiativo. Ma poi si è continuato. Una volta era detto uomo di legge colui che regolava la propria condotta al rispetto delle regole, sancite a tutela di tutti. Chi faceva rispettare la legge veniva apprezzato, non certamente giudicato rigido, forsennato, eccessivo, esaltato, duro, inflessibile, aggressivo, violento. Adesso è tutto più netto: “giustizialista”. Chi pratica la moralità privata? Intransigente. Quella pubblica? Moralista. “Ma questo è moralismo!”, si sentiva continuamente dire un mio amico, che un bel giorno decise di tirarsi fuori dalla politica perché, ogniqualvolta si opponeva ai favoritismi ed al clientelismo del suo partito, gli arrivava sul collo quell'accusa “infamante”. Ci siamo persi, dietro quest'accusa, gli uomini migliori, che avrebbero potuto dare un prezioso contributo alla nostra società.

Da parte sua, il funzionario che cerca di dare sicurezza ai cittadini, mettendo in galera i trasgressori, pur nel rispetto delle prerogative e delle garanzie di legge, è un “manettaro”, uno che, anziché dilettarsi della buona musica, gode al tintinnar delle manette. I giudici che rischiano la vita ogni giorno, ed il ludibrio pubblico quando si azzardano ad indagare sui politici, vengono chiamati “toghe rosse”. Se l'intera Associazione Nazionale dei Magistrati avverte “come fortemente punitive” le riforme annunciate dal governo, verso una categoria che, per far funzionare l'Ufficio giudiziario, avrebbe bisogno, piuttosto, di strutture idonee, computer, cancellieri e quant'altro, “è composta tutta di comunisti”. E quando, contro le preannunciate riforme, prende posizione perfino il Consiglio Superiore della Magistratura, presieduto dal Presidente della Repubblica, “rosso pure quello” e di brutto!

Insomma, il mondo gira intorno alle parole, come abbiamo visto. Ed ora che ho chiarito questo, vi dico che non so se Ottaviano del Turco sia colpevole o innocente, non ho gli elementi per dare un giudizio. Perciò, lasciamoli lavorare questi giudici, non solo i nostri governanti. È quantomeno prematuro accusare di costruire teoremi chi sta indagando intorno al Presidente della Regione Abruzzo e rischia con tutte le garanzie che vi sono oggi in Italia - tra GIP, GUP e tre gradi di giudizio - di fare una magra figura.

Se poi si vogliono accelerare i tempi e intendiamo davvero aiutarlo, il povero Del Turco, facciamogli una legge ad hoc e così potrà, pure lui, vantarsi di uscire immacolato dai processi, come chi con tanta veemenza lo sostiene.

 

 

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