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IL GRANDE SOGNO
Un tempo il sogno si proiettava verso il futuro. Si sognava una diversa società, una scuola più accogliente, una sanità all'altezza di una società civile, parità di diritti per le donne. Dopo quello che abbiamo vissuto, possiamo solo sognare con la testa rivolta all'indietro perché, mentre noi sognavamo, c'è stato qualcuno che ha pensato di guastarci la vita, trasformando in peggio l'intera società. Da qui nasce una generazione senza sogni, per cui l'unico mondo valido è quello che si vive adesso; una generazione senza futuro.
Il bellissimo film diretto da Michele Placido, Il GRANDE SOGNO, ha rischiato di farmi piangere, non per nostalgia del tempo andato, quanto piuttosto per la crudezza di questa terribile realtà e la domanda: è possibile vivere senza sogni? Ma subito dopo, da inguaribile sessantottino, mi sono chiesto: si può coniugare passato e futuro? La risposta me l'ha data il film, riportandomi a quelle lotte, alle assemblee rumorosissime e piene di slancio, al tempo della giovinezza, delle idee intrecciate all'amore finalmente liberato; soprattutto facendomi vedere la grande capacità che avevamo di mobilitazione, attraverso un'informazione alternativa a quella del sistema allora imperante: i ciclostili e i tazebao .
Vedere ora la sinistra che sta a raccattar le briciole, lasciate dal sistema comunicativo del padrone di tutte le televisioni e di quasi tutti i giornali, è davvero deprimente. Nelle città sono quasi scomparsi i manifesti politici, sistema tradizionale ma molto incisivo di comunicazione; i comizi; i tabelloni murali. Le stesse sezioni, un giorno vera palestra di democrazia, sono adesso deserte e servono solo a ratificare scelte già prese altrove da certi notabili, che berlusconianamente si riuniscono, con i propri accoliti, in luoghi lontani dalle sezioni, per porre queste sotto ricatto. Ma davvero qualcuno pensa si possa sconfiggere Berlusconi con i berluschini?
Ecco cosa sogno: un ritorno all'indietro, quando la politica non era fatta di notabili, ma di partecipazione.
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