Nella sua casa c’è un lusso sfrenato e di indescrivibile cattivo gusto, dove miriadi di servi azzimati ed entusiasti cantano come un coro pantomimico. Quando ormai sono tutti a tavola, entra Trimalcione ed ha inizio la cena. Questa è costituita da un'interminabile serie di portate, una più stravagante dell'altra, presentate con una coreografia stucchevolmente teatrale e bizzarra oltre ogni dire.
Esortati da Trimalcione, instancabile animatore della festa, alcuni commensali raccontano delle storie a cui fa da pareggio la vis comica che investe un personaggio rozzo e incolto come Trimalcione. Le sue buffonate, le sue volgarità, la sua fantasia bislacca partecipano del comico e insieme dell'orrido. Dopo una serie di bizzarrie e infantili spiritosaggini, Trimalcione pronuncia quindi un panegirico di se stesso, alla fine del quale, fattisi portare gli abiti da morto, organizza seduta stante un'anteprima del suo funerale. Nel corso del compianto funebre un servo lancia urla così strazianti che i vigili del fuoco accorrono, facendo irruzione in casa ed inondandola d'acqua.
In Trimalchione le caratteristiche comuni e individuali raggiungono il massimo dell'intensità, e la sua figura pare assommare in sé tutti i connotati fisici e psichici tipici del nuovo ricco: figura tozza, abito a colori violenti, pesanti gioielli di cattivo gusto, volgarità di modi, presunzione accoppiata a profonda ignoranza, vanterie e spiritosaggini di basso livello, ricerca di applausi e compiacimento per le adulazioni, ostentazione delle ricchezze e delle arti adoperate per accumularle.
Le sue vanterie appaiono il corrispettivo di un'energia tesa ad uscire dalla condizione servile ed a spremere dalla vita reale tutti i beni materiali che essa riserva alla iniziativa dell'individuo. I mezzi e i modi sono tristi e immorali, ma non v'è scelta, poiché essi sono i soli adatti ad una società che è ormai depauperata di motivazioni ed aspirazioni ideali, in cui solo denaro e sesso governano gli uomini.
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