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L’ITALIA NEL FANGO

 

 

Abbiamo visto, nel passato non troppo remoto, cosa ha saputo fare un socialismo ignaro delle dinamiche intrapsichiche, e stiamo assistendo in questi giorni a quello ch’è capace di fare un liberismo senza controllo, che assegna ad ognuno il potere assoluto di fare, tenendo in non cale le esigenze generali della collettività. Ve la ricordate la politica del fare? Fare purchessia, edificare senza dare ascolto ai “partiti del no”, che si oppongono ai disboscamenti per costruire magnifici campi da golf o grandi complessi turistici; alle case costruite in riva al mare, sui greti o negli alvei stessi dei fiumi. È di questi giorni l’intenzione chiaramente espressa dal governo di concedere un ulteriore condono edilizio, ovunque e comunque si sia costruito, e facilitare le concessioni edilizie. C’è voluta la tragedia dell’Aquila per limitare un’altra legge del fare, tesa a consentire, tra gli applausi degli italiani, l’ampliamento di almeno il 20% degli immobili, con la semplice autocertificazione di un tecnico, senza l’approvazione preventiva e con il silenzio assenso delle amministrazioni comunali. Genova è stata devastata da acqua e fango, ma solo qualche mese fa il presidente della Liguria, Claudio Burlando, ha spostato i limiti edificatori nazionali, dalla distanza di dieci metri dai corsi d’acqua fino ai tre metri, per aumentare il consenso di un popolo ingordo e fatalista.
Ma a fianco di questa Italia nel fango abbiamo visto un’altra Italia, fatta di giovani e di donne, queste ultime senza seni gonfiati, senza sculettature, senza musi rifatti e vestiti all’ultimo grido, con indosso solo tute e stivaloni, insomma senza la bellezza così cara al pubblico televisivo ed una certa politica, muoversi nel fango in una danza solidale per allungare una mano d’aiuto verso cittadini che hanno perso tutto: la casa, i propri beni, anche i cari, ma non la speranza, se vi sono ancora giovani così belli da ammirare.

 

 

 

 
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